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Uscita dal furore della guerra che l'aveva vista protagonista in Europa, l'America degli anni Cinquanta, anni di boom e di nazionalismo a oltranza, è alla ricerca di figure esemplari che rafforzino il senso di appartenenza. Rocky Marciano, figlio di emigranti italiani, cresciuto nel culto della famiglia, diventa il simbolo del bravo ragazzo che attraverso il pugilato, da sempre trainante negli Usa, si pone al vertice di una società che ha bisogno di esempi positivi. La sua esplosione sul ring è lo specchio di ciò che vuole la gente. Un eroe invincibile. Se Joe Louis è stato per gli States il buon soldato che ha messo la sua abilità di campione a disposizione dei soldati in guerra, se Muhammad Ali negli anni Settanta ha messo al tappeto il falso moralismo e le disuguaglianze tra bianchi e neri, Marciano ha fatto da spartiacque, nell'accettazione come americano a tutto tondo di un figlio dell'emigrazione, membro a pieno titolo della nuova patria. Lo ha fatto con i pugni e con il comportamento. Eroe imbattuto sul ring e fuori. L'autore ne racconta le imprese pugilistiche, ma ancor più la vita, le debolezze, l'amicizia con Marylin Monroe, i contatti con Cuba attraverso Batista, i rapporti con figure come Carbo e Norris, senza mai cadere nella trappola dell'illecito.